Donald Trump punta tutto sulle sue capacità di scommettitore compulsivo.
La scommessa non riguarda le sue possibilità di rielezione nel Novembre 2024
ma un folto numero di elezioni statali e locali nell’ormai imminente stagione
di elezioni primarie che designano i candidati alle elezioni congressuali del
prossimo Novembre. Quel che è in gioco per il Donald è il successo dei candidati
da lui prescelti e formalmente “endorsed” ossia approvati con il crisma del
suo imprimatur. Fino ad oggi, Trump ha elargito non meno di 140 “endorsement”.
La percentuale dei candidati benedetti da Trump che riuscirà ad essere eletta
rappresenterá quindi un fondamentale indicatore del dominio che Trump esercita
nel campo repubblicano. I politologi non hanno dubbi: il risultato degli
“endorsement” distribuiti da Trump segnerà le sorti della sua corsa all’investitura
repubblicana per l’elezione presidenziale.
La domanda che gli esperti si pongono è perchè mai Trump abbia scelto di affidarsi
al verdetto delle elezioni primarie per mantenere lo stretto controllo sulla macchina
del partito e garantire un fronte unito del GOP dietro una sua nuova candidatura. Vero
è che una massa di aspiranti republicani ha toccato limiti senza precedenti nella
genuflessione a Trump, a partire dall’ostentato ripudio del risultato delle elezioni del 2020, attribuito ad un colossale “steal’ ossia ad un furto democratico. Occorreva naturalmente
molto di più per meritare lo “endorsement’ dell’ex presidente: un contributo al suo fondo
elettorale che è cosa ben diversa dai finanziamenti al partito; ripetute visite a Mar e Lago,
la principesca villa in Florida che è il centro di operazioni elettorali dell’ex presidente;
costanti apparizioni a fianco di Trump nei suoi raduni elettorali; ed una perversa
giaculatoria di America First e del verbo trumpiano. La ricerca dell’imprimatur
dell’ex presidente ha dato vita ad un concorso di sicofanti al quale è raro assistere
in una democrazia.
Al momento attuale, non è possibile prevedere come reagirà il grosso
dell’elettorato repubblicano, che tuttora appoggia Trump e la sua politica ultra-
nazionalista all’insegna del MAGA (Make America Great Again). Di fatto, però,
quella di Trump è una ‘gamble”, una scommessa che potrebbe perdere, con
una pesante ricaduta sulle sue aspirazioni elettorali per il 2024. Il passato
di Trump come scommettitore compulsivo non è deficitario, anzi tutt’altro; gli esperti
ricordano la sua temerarietà di impresario immobiliare quando dovette
affrontare bancarotte come quelle dei casino di Atlantic City o gli scandali della
improvvisata Trump University. In quei frangenti, Trump seppe vendere se stesso
prima che i suoi prodotti. E’ bene ricordare comunque che questa volta
Donald Trump ha abbracciato una strategia di “kingmaker”, ossia di un re che
sceglie i membri della sua corte ed assegna incarichi. Adesso il suo compito non è
quello di vendere se stesso ma i suoi rappresentanti.
C’è chi spera che la sua scommessa sui fedelissimi trumpiani non paghi. Alcune
delle scommesse di Trump infatti non sono altro che una furiosa campagna per punire esponenti repubblicani rei di aver votato a favore delle due procedure di impeachment al
Congresso o di non aver ottemperato ai comandi di Trump per la sostituzione
di elettori di stati registrati a favore dell’elezione di Joe Biden. Tale operazione
velleitaria ed anti-costituzionale doveva poi condurre all’insurrezione del 6 Gennaio
a Washington, la cui genesi viene ormai riconosciuta come iniziativa del presidente
sconfitto.
La crociata di Trump contro i “traditori” è particolarmente virulenta nella Georgia
dove Trump ha speso ingenti somme per sconfiggere il governatore repubblicano dello
stato Brian Kemp, colpevole di non aver maneggiato l’esito degli scrutini dell’elezione
presidenziale scovando undicimila voti che avrebbero assicurato la conquista trumpiana
dello stato. Per sconfiggere Kemp, Trump spinge a tutta forza la candidatura dell’ex
senatore David Perdue. Purdue, un modesto politicante, appare destinato a perdere la
contesa. Per Trump, sarebbe un importante fallimento della sua immagine di ‘Kingmaker”,
qualcosa che molti repubblicani silenziosamente si augurano. Tra coloro figurano quei pezzi da novanta nel drappello di repubblicani – tra i quali i senatori Josh Howley e Ted Cruz
oltre al governatore della Florida Ron De Santis – che non aspettano altro che uno scivolone dell’ex presidente.
In Pennsylvania, Trump ha lanciato la candidatura senatoriale del dott. Mehmet Oz, che è
tra l’altro parente degli ultraricchi du Pont, e che ha fatto fortuna con il suo programma
televisivo “”Dr. Oz Show”. Oz presenta un caso eccezionale in quanto di religione
musulmana, prediletto dai potenti di Hollywood e sostenitore del fracking idraulico per
l’estrazione di petrolio, anatema degli ambientalisti. Intervenendo a favore di Oz,
osteggiato da molti conservatori non trumpiani, l’ex presidente sfida il potenziale verdetto avverso di un crescente nucleo del partito e mira a dimostrare che la sua magia
MAGA continua a dettare la cadenza elettorale del partito repubblicano. In conclusione,
Donald Trump conferma di essere lo scommettitore compulsivo puntando su Oz ed altri
personaggi di provata fede trumpiana ma privi di reali capacità politiche. Mai prima
d’oggi le elezioni primarie nel campo repubblicano avevano rivestito maggiore interesse,
soprattutto tra coloro, e sono sempre più, i quali si augurano il superamento del dibattito
attorno alla “Big Lie”, la grossa menzogna di Donald Trump.