L’interrogativo cruciale sul quale si interrogano gli analisti americani è
se i cosiddetti “negoziati” al confine tra Ukraina e Bielorussia possano
influenzare il pensiero di Vladimir Putined ed obbligarlo a riconoscere una
colossale “miscalculation” evitando in tal modo una interminabile
guerra di attrito in Ukraina. Molti ne dubitano e segnalano che i
“negoziatori” sono personaggi di scarsissimo rilievo. In verità, gli unici
sviluppi che possono agire sull’imperscrutabile cervello del nuovo Zar
russo non sono le sanzioni finanziarie ed economiche alla Russia
nè quelle morali dilaganti nel mondo occidentale e nelle sedi
internazionali, e per ultima l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
che ha condannato l’invasione dell’Ucraina con 181 voti a favore e solo
5 contrari. Quel che può pesare sul calcolo strategico di Putin è la
prospettiva di un nuovo Afghanistan nel quale l’apporto occidentale
alla resistenza ukraina sta assumendo proporzioni neppure lontanamente
paragonabili alla fornitura dei missili antiaerei Stinger forniti dalla CIA
ai mujadeen. La realtà che si sta solidificando in Ukraina è quella di crescenti
e potenti furniture belliche dai Paesi NATO, per quanto questi non siano
in conflitto con la Russia. Parecchio, se non tutto, dipende dalla sostenibilità
della campagna nazionale di resistenza agli invasori.
Molti elementi non sorreggono la speranza di un possibile sblocco della
situazione sul campo, dove la devastazione bellica di città come Kharkiv
e il dispiegamento di forze corazzate, per quanto lenta possa essere la loro avanzata,
continuano a mettere a ferro e fuoco non solo la resistenza ma la stessa
popolazione civile. Sono elementi questi che avvalorano la tesi di una
decisione di Putin di intensificare il conflitto e di prendere Kiev in una morsa
mirata a decapitare quel che resta del governo ukraino nei suoi ultimi
rifugi. La terrificante prospettiva è che Putin riproduca a Kiev la strategia di
completa devastazione da lui posta in atto nel 1999 a Grozny, la capitale
della Cecenia. Dopo aver raso al suolo la città e ucciso decine di migliaia di
innocenti civili, Putin si complimentò con le forze russe affermando che avevano
“assolto il loro compito fino in fondo”. Lo stesso trattamento venne riservato
agli abitanti siriani di Aleppo nel settembre 2016.
La seconda guerra cecena dimostrò il valore strategico di una brutale offensiva
condotta con l’impiego di armi di straordinaria potenza distruttiva, le cosiddette
munizioni termobariche capaci di distruggere interi quartieri. Adesso le vediamo
all’opera in Ukraina, su mezzi che trasportano 24 razzi in tubi. Non vi è dubbio
quindi che il modus operandi in Ukraina è quello sperimentato nella Cecenia.
Infine, la crisi ucraina è sempre più al centro delle preoccupazioni occidentali per
la decisione di Vladimir Putin di giocare la carta nucleare, strettamente legata
a quella che molti giudicano disperazione politica per la difficoltà ed il crescente
costo di soggiogare l’Ucraina. Una frase di Putin racchiude una minaccia che
gli Stati Uniti e gli alleati europei giudicano con la gravità che merita. Ha detto
Putin: “Chi cercherà di interferire nei nostri confronti deve sapere che la
risposta russa sarà immediata e porterà a conseguenze quali voi non avete
mai sperimentato nella vostra storia”. Il giorno dopo, Putin ha ordinato ai
membri del suo stato maggiore, seduti all’estremità di un lunghissimo tavolo,
di porre le forze nucleari della Russia in uno “speciale regime di allerta
di combattimento”.
A questa provocazione gli Stati Uniti hanno reagito in maniera fredda e
controllata. Il presidente Biden ha risposto segnalando che gli americani
non hanno da temere uno scontro nucleare. Al tempo stesso, Biden ha
annunciato che gli Stati Uniti non hanno apportato alcuna modifica allo
status delle loro forze nucleari. Stante questa reazione calma dinanzi
alla provocazione, le parole di Putin vengono sostanzialmente
giudicate come un bluff, che in fin dei conti rivela debolezza piuttosto che
forza. Resta il fatto che quelle parole hanno introdotto la forte paura di un
conflitto nucleare nella coscienza del pubblico occidentale in cui si era
instaurata la fiducia che il pericolo nucleare fosse ormai definitivamente
allontanato.
Di fatto, il mondo è consapevole che nove Paesi dispongono di almeno
tredicimila testate nucleari. Il novanta per cento delle armi nucleari sono
nelle mani di due Paesi, Stati Uniti e Russia. La maggioranza di tali testate
hanno più di dieci volte la potenza di quelle che distrussero Hiroshima e
Nagasaki. Lo spettro nucleare è incapsulato in due pericoli: un errore di
calcolo e l’escalation . Il richiamo di Putin alla potenza nucleare russa
dimostra come la sua offensiva in Ucraina miri a scompaginare il fronte
occidentale seminando la paura di una escalation incontrollata della
quale unico responsabile è l’allargamento della NATO. Un portavoce
europeo ha valutato la situazione di pericolo in termini di un
estremo tentativo di Putin volto ad influenzare l’opinione pubblica
occidentale ed il processo decisionale in Europa. Putin sa cosa
aspettarsi dagli Stati Uniti ma conta sulla paura degli alleati europei.
Ma anche sotto questo aspetto commette un errore di calcolo. I
suoi avversari americani ed europei non gli permetteranno di fare
dell’Ucraina la propaggine di un nuovo impero zarista. Quanto
agli ucraini, sanno che il loro destino è nelle loro mani e che
l’Occidente non diserterà la loro causa, per quanto soverchiata
al momento dall’armata di Putin.