Le elezioni di Novembre e l’atteso ritorno alla normalitá costituzionale

Donald Trump e’ avviato a perdere le elezioni di Novembre. Questa previsione, che avanzo dopo aver riflettuto sugli ultimi drammatici eventi e sull’evolversi di una situazione politica che vede Trump politicamente assediato e mentalmente confuso, poggia sull’immagine emergente di un elettorato repubblicano che sta cominciando a sfaldarsi. Resta in piedi peraltro il nocciolo duro del trumpismo, una base che raggruppa
poco piu’ di un trenta per cento dell’elettorato fedele a Trump, una figura
di santone autoritario venerato da seguaci fanatici. Per la maggioranza degli elettori, le priorita’ si sono repentinamente spostate dal contenimento del coronavirus e dalla Medicare per tutti alle forti tensioni sociali che pervadono il Paese. E’ questo stato di pesante instabilita’ emotiva e politica che pesa ormai in misura determinante sulla congiuntura pre-elettorale, ancor piu’ della crisi economica che annulla la disperata speranza di Trump di recuperare terreno grazie alla prossima, ma non immediata, ripresa.

Uno dei piu’ affidabili rilevamenti demoscopici – il 538 di Nate Cohn – conferisce a Biden un vantaggio di dieci punti percentuali, con un incremento di ben sei punti rispetto ai sondaggi di fine Marzo. L’erosione delle simpatie per Trump ha preso le mosse subito dopo il ritiro di Bernie Sanders dal panorama elettorale e l’esplosione del Covid-19. E’ una contrazione che abbraccia tutti i segmenti elettorali, rivela il
538, ma segnala l’accresciuta debolezza del presidente tra le donne. Trump e’ sotto di ben 25 punti nell’elettorato femminile rispetto al suo deficit del 14 per cento nelle presidenziali del 2016. Tra gli elettori bianchi nulla invece e’ cambiato; Trump ha un vantaggio di circa sei punti. La sua forza elettorale e’ tra i bianchi privi di laurea, dai quali Trump ritrae un vantaggio di 21 punti, che e’ piu’ basso del margine di 31 punti registrato alla fine di Marzo.

Un altro aspetto illuminante dei rilevamenti demoscopici e’ che Joe Biden ha aumentato la percentuale di appoggio tra i giovani, salita a 22 punti. A causa dell’eta’ e di aderenza a vecchi principi, Biden non e’ il candidato prediletto degli elettori tra i 18 e i 34 anni. Il voto dei giovani e’ certamente
importante ma non decisivo per Biden. Altrettanto puo’ dirsi dell’appoggio degli elettori anziani (quelli bianchi sono in maggioranza favorevoli a Trump) ma per Biden e’ incoraggiante il fatto che siano il 4 per cento in piu’ rispetto ad Hillary Clinton nel 2016. Il fattore piu’ influente e’ che la campagna elettorale verte sul comportamento erratico del presidente repubblicano mentre Biden non si e’ esposto. La sua assenza dal
palcoscenico politico appare adesso elettoralmente utile in quanto accentua il valore della prossima consultazione come un referendum sulla presidenza Trump.

E’ prevedibile che il referendum in questione vertera’ in ampia misura sulle relazioni razziali in America. La condotta del presidente Trump e’ associata ad una politica di pugno duro nei confronti delle proteste che hanno sconvolto la nazione dopo l’uccisione di George Floyd a Minneapolis. Gli attacchi di Trump su Twitter contro la massa degli americani partecipanti alle imponenti proteste trasversali nelle maggiori citta’ hanno causato una forte perdita di consensi in almeno tre settori elettorali:
i bianchi senza laurea, gli anziani e le donne. Resta da vedere come si comporteranno alle urne i giovani di colore, i maggiori protagonisti delle manifestazioni di piazza e dell’esaltazione del loro grido di battaglia: le vite nere contano. Per quanto la candidatura di Joe Biden sia risuscitata nella South Carolina grazie al voto afro-americano, il candidato democratico e’ ancora al disotto del margine di 50 punti che Hillary vantava tra i neri alla vigilia della scorsa elezione. La chiave e’ dunque nel voto dei giovani di colore. Rispetto al 2016, quando l’appoggio degli afro-americani per il candidato democratico risulto’ inferiore del 20 per cento in confronto al passato, questa volta l’afflusso dei neri alle urne dovrebbe essere fortemente motivato da quanto e’ successo nell’anno in corso, dal coronavirus – che ha mietuto vittime tra i neri in proporzioni
molto piu’ alte che non tra i bianchi -, alla violenza della polizia che ha scatenato la dirompente ondata di proteste ed infine alla disoccupazione che ha particolarmente colpito la classe lavoratrice di colore.

Il razzismo istituzionale e la brutalita’ della polizia giustificano la fondamentale agenda progressiva ma questa volta l’opinione pubblica invoca il ritorno alla normalita’ in termini diversi dal recente passato. Tra i democratici, le relazioni razziali figurano al primo posto nella lista delle priorita’ elettorali, mentre seguono i postumi della pandemia ed il forte timore di una seconda ondata del virus, l’assistenza medica e, last
but not least, l’economia. Che qualcosa sia cambiato in misura decisiva in America lo prova il fatto che la Casa Bianca sta lavorando su uno schema di norme assolutamente necessarie per governare la condotta della polizia. E’ probabile che cio’ avverra’ attraverso gli ordini esecutivi ai quali fa costantemente ricorso il presidente, piuttosto che con una legge ad hoc.

In ogni caso, non sarebbe realistico attendersi defezioni su vasta scala nel GOP repubblicano. I suoi membri del Congresso, governatori e legislatori di stati sono costretti a rimanere sul carrozzone di Donald Trump perche’ abbandonarlo ora significherebbe una certa sconfitta elettorale. I democratici sono guidati da una preoccupazione dominante, quella
di non commettere errori. Lo dimostra il modo in cui trattano la questione dei fondi destinati alla polizia: “defund the police”, tagliare i fondi per la polizia e’ l’incitamento che proviene dalle fasce estreme del partito, mentre la leadership ha altre idee per i finanziamenti alle scuole pubbliche, per la sanita’ e per gli aiuti alle classi di lavoratori piu’ colpite dalla crisi economica.

Nella frase diffusa da da qualche caustico commentatore, il presidente gioca a ping pong prendendo di mira situazioni e personaggi ed alimentando polemiche con lo scopo precipuo di seminare zizzania nell’opinione pubblica. Ma alcune sue uscite hanno prodotto aspre critiche costringendo che stessi sostenitori in seno al partito ad un imbarazzante silenzio. E’ il caso dell’italo-americano di Buffalo, Martin Gugino, scaraventato a terra da due agenti mentre tentava di dialogare pacificamente con essi. Trump ha fatto dell’episodio l’ennesimo incendiario tweet avanzando l’ipotesi che il 75enne Gugino fosse “un provocatore antifa” che intendeva sabotare le comunicazioni della polizia.
In aggiunta alla falsita’, Trump lasciava capire che si trattava di una messa in scena e che la caduta di Gugino giustificava dubbi. L’anziano italo-americano era rimasto a terra, col sangue che fuoriusciva dall’orecchio, mentre gli agenti tiravano innanzi. I senatori repubblicani si sono rifiutati di commentare l’episodio e persino di leggere il testo dell’incivile messaggio presidenziale.

La conclusione che acquista sempre maggior incidenza tra gli osservatori politici e’ che se Donald Trump spera di vincere le elezioni presentandosi come l’uomo del “law and order” sulla falsariga di quanto fece Richard Nixon nel 1968 quando prevalse di misura su Hubert Humphrey, si sbaglia di grosso. A parte il fatto che nella convulsa congiuntura dei nostri giorni, la “maggioranza silenziosa” non esiste piu’, quello che ha drammaticamente cambiato il quadro della dialettica elettorale americana e’ la tragica realta’ di un gran numero di episodi di violenza documentati dai video di tanti cittadini. Questa realta’ ha modificato notevolmente gli atteggiamenti razziali di molti bianchi in questo scorcio di secolo. L’ascesa di Donald Trump nel 2016 come propagatore dell’orgoglio bianco ha finito la sua pubblica corsa nel momento in cui l’America si e’ resa conto che Trump puo’ incentivare le energie della sua base elettorale ma non puo’ espanderla.

La sua strategia di “law and order” e’ dunque improduttiva in mancanza di una pluralita’ di appoggio pubblico. Vero e’ che una estate calda – con nuove proteste e con la recrudescenza del virus – puo’ dare
esca al caos, che certamente gioca a favore del presidente repubblicano. La
strategia di Trump fa perno infatti sul conflitto tra bianchi innocenti e minoranze pericolose. Ma saranno i rapporti razziali ispirati alla giustizia sociale a prevalere sul conflitto razziale che Trump esaspera e strumentalizza. Questa sara’ a Novembre la scelta di un’America diversa, demograficamente, moralmente e politicamente. Non portera’ a mutamenti profondi nella psiche e nella contrapposizione politica dell’America, ma sara’ pur sempre un grosso passo avanti verso la normalita’ costituzionale.

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