Il quesito dominante, alla vigilia ormai delle elezioni di Novembre, e’ questo: come reagira’ il settore decisivo dell’elettorato, gli indipendenti e gli indecisi, alla forzatura costituzionale di Donald Trump, presidente del “law and order”? Cosa puo’ significare l’adozione del grido di battaglia del presidente republicano che ricalca la strategia di Richard Nixon, un presidente eletto con quella piattaforma ma poi costretto alle dimissioni per aver violato le norme costituzionali e le leggi civili?
E’ possibile che una maggioranza degli americani riconosca finalmente il vero senso del “law and order”, quello di sancire che le autorita’ della nazione, dalla presidenza agli organi federali, dalle amministrazioni degli stati alle autorita’ locali, riconoscano la legittimita’ delle dei diritti delle minoranze di colore e della loro protezione? Non imponevano certamente il
rispetto della legge le forze di polizia che sgombravano ferocemente Lafayette Park, sparando pallottole di gomma, gas lacrimogeni e “pepper spray”, per permettere ad un presidente di farsi fotografare con la bibbia dinanzi alla storica chiesa episcopale di St. John.
Il “bullismo” di Donald Trump ha portato l’America dinanzi ad un abisso, il risultato di una politica distruttiva ed incompetente, come ampiamente dimostrato dal rapido diffondersi della pandemia del coronavirus, attribuibile alla stupefacente impreparazione
del governo federale. La protesta di massa non e’ un fatto nuovo nella storia americana ma questa volta infiamma una vera e propria rivolta allo status quo che da sempre puntella il razzismo bianco e la brutalita’ delle forze di polizia. E’ un sorprendente sollevamento trasversale che abbraccia classi sociali, settori economici e la grande massa minoritaria afflitta dalle disparita’ di reddito e di opportunita’. Non meno determinante nel quadro della protesta e’ la constatazione che l’epidemia ha fatto scempio di leggi e proclamazioni di eguaglianza mietendo una spropozionata percentuale di vittime tra i poveri, la gente di colore, dai neri ai brown, i piu’ colpiti dall’ineguaglianza sociale ed economica che caratterizza
sempre piu’ gli Stati Uniti d’America.
Questa volta la protesta ha raggiunto le proporzioni di una sommossa nazionale che minaccia di sfociare nella proclamazione di uno stato di assedio, un corso di azione repressivo palesemente favorito da un presidente che agisce con l’unico intento di garantirsi l’appoggio della sua base. Sono molti quelli che sospingono questo timore ad una estremo inconcepibile per una democrazia liberale, quello di una decisione presidenziale di sospendere o posticipare il ricorso alle urne ai termini
del mandato costituzionale. Donald Trump e’ capace di tutto, forte dell’appoggio di poco piu’ di un terzo dell’elettorato americano, nel quale si distacca il movimento degli evangelici ultra-conservatori – vale la pena di notarlo con l’ironia che si addice all’episodio – che non hanno mosso ciglio dinanzi alla mancanza di rispetto del presidente verso una chiesa ed il suo clero malmenato all’aperto. Tra tanti altri, Paul Krugman pone il quesito essenziale sul “come siamo attivati a questo punto?”
E risponde che il “nucleo centrale” della politica americana degli ultimi quattro decenni e’ che “le elite ricche hanno usato il razzismo bianco come un’arma per conquistare il potere politico” e per attuare politiche hanno arricchito ancor piu’ i ricchi a spese dei lavoratori.
La verita’ che va affermandosi in queste drammatiche giornate dell’America contemporanea e’ che una massa di americani ha finalmente reagito agli eccessi di una presidenza che ha fortemente indebolito le istituzioni nazionali e concentrato il potere nelle proprie mani. Questa grave deformazione del mandato istituzionale e’ stata attuata da Trump sul modello di quanto predicava, e continua a predicare, un ideologo che ha cercato di infettare la stessa democrazia italiana, un certo Steve Bannon. La sua strategia e’ presto detta: e’ la “decostruzione dello stato amministrativo”, volta a smantellare le infrastrutture globali, a conquistare il potere e solidificare il controllo. Questa, per l’appunto, e’ stata sin dagli inizi la strategia di Donald Trump.
Il pericolo che income sugli Stati Uniti e sul mondo e’ che la rielezione di Trump porterebbe al rafforzamento del potere centrale nella branca esecutiva del sistema di governo degli Stati Uniti. Peggio ancora sarebbe se i democratici non riuscissero a conquistare il Senato e il controllo del ramo legislativo. Per gli alleati dell’America cio’ significherebbe vedere compromesse soluzioni globali per problemi globali. La politica estera americana e’ presentemente un feudo delle ambizioni politiche
di Mike Pompeo, che passera’ alla storia come il peggior segretario di stato
americano, cortigiano del presidente ed incapace di esercitare alcuna leadership internazionale.
Una inquietante appendice della “law and order”, nell’interpretazione
trumpiana di pugno di ferro contro i “teppisti”, e’ il ricorso alla militarizzazione, ossia l’impiego di forze armate per contenere la marcia di proteste. E’ un terreno di controversia in rapido flusso, all’indomani della partecipazione di militari allo sgombero forzato di manifestanti dinanzi alla chiesa di Lafayette Park e della dichiarazione del Segretario alla Difesa Esper che definiva quello scenario come “un campo di battaglia”. Non passavano ventiquattro ore che Mark Esper faceva marcia indietro rispetto all’impiego dello Insurrection Act del 1807 invocato da Trump come giustificazione per il dislocamento di forze armate in citta’
americane, anche in mancanza di una esplicita richiesta delle autorita’ cittadine e dello stato di appartenenza. Esper dichiarava di non approvare il ricorso alle Insurrection Act se non in casi estremi (come “last resort” ossia ultima ratio), una valutazione che a suo dire non sussiste nelle attuali circostanze. Funzionari della Casa Bianca non tardavano nel riferire l’irritazione del presidente, un chiaro prodromo della liquidazione del Segretario Esper.
In conclusione, non sara’ Donald Trump a guidare l’America verso il recupero della pace sociale e della prosperita’, una convinzione condivisa dalla parte sana del Paese, pienamente cosciente che Trump sta perdendo il controllo della macchina governativa. Attendersi un miracolo sotto forma di una conversione del partito repubblicano e’ futile. Ma la conversione di un numero sufficiente di elettori, nauseati dalla “law and order” di Donald Trump, sara’ piu’ che sufficiente a porre fine alla
sua presidenza.
complimenti Marino! Ti penso e non ho parole.
Giovanna
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