Prefazione
Ricordare la mia adolescenza sotto le bombe e’ il frutto della consapevolezza di un semplice fatto, che sono pochi ormai coloro che hanno “fatto la guerra” e ancora possono raccontarla, come me, settantacinque anni dopo. Il mio racconto parte dalla tarda estate del 1943 e si conclude nell’autunno del 1944. Avevo solo undici anni ma la memoria
di quel periodo, da me trascorso su tre diversi fronti di combattimento in Romagna, e’ rimasta vivida anche nei piccoli particolari.
E’ il ricordo di un sopravvissuto, o meglio di un ragazzo fortunato che
anche nei peggiori frangenti non perse mai la speranza. La mia vera fortuna e’ infatti stata quella di ispirarmi al saggio detto di Marco Tullio Cicerone: “Dum spiro spero”, finche’ respiro spero. Nell’italiano corrente si direbbe “finche’ c’e’ vita c’e’ speranza”. E’ un detto che da sempre figura su
stemmi nobiliari, architravi, medaglioni araldici e persino, con mia grande sorpresa, come motto dello stato della South Carolina.
L’aver schivato la morte in numerose occasioni sulla linea del fuoco
e’ certamente prova che nel mio caso la speranza ha trionfato. Vero e’
che quei drammatici giorni della mia vita sono ormai remoti e qualcuno
potrebbe chiedermi perche’ io abbia tardato tanto a raccontarli.
E’ un rimprovero tanto piu’ giustificato perche’ in tempi recenti
ho pubblicato un libro – SCRIBE, 30 YEARS AS A FOREIGN CORRESPONDENT IN AMERICA – in cui ho raccolto le mie memorie di giornalista incluse quelle di corrispondente di guerra dal Vietnam e di testimone dei colpi di stato in Argentina e Cile. Alla mia tarda eta’, costretto alla quarantena casalinga dalla pandemia del coronavirus, ho avvertito che era giunto il momento di scrivere di quella parentesi giovanile vissuta in una regione italiana massacrata dal conflitto.
A spingermi su questa strada era ancora una volta mia moglie Nicki, convinta che fosse mio dovere raccontare, finche’ la memoria mi assisteva, le mie esperienze di sopravvissuto alla guerra, se non altro come documento di vita vissuta destinato alle figlie. Il padre di Nicki, Aleardo Furlan, era anch’egli sopravvissuto ad esperienze ben piu’ tremende in tre anni di guerra nel teatro del Pacifico, come sergente dei Marines, combattente negli sbarchi di Guadalcanal ed Iwo Jima. Confesso di aver scritto IL RAGAZZO SUL FRONTE con una certa gratificazione per il miracolo della memoria a tanta distanza dai fatti riesumati in questo libretto. Anche a questo proposito, Cicerone aveva espresso un’assennata raccomandazione:
“Memoria minuitur nisi eam exerceas” (la memoria diminuisce se non la
eserciti). Ebbene, penso di averla esercitata onorando il principio del
“meglio tardi che mai”. Spero infine che il ragazzo scavezzacollo e irresponsabile riviva anche per voi e dia speranza alla vita dei miei lettori.