Se la crisi covid-19 ha provato qualcosa aldila’ di ogni dubbio e’ che gli Stati
Uniti non hanno un reale sistema di sanita’ pubblica. Diversamente dai maggiori
Paesi, gli Stati Uniti associano la copertura medica dei suoi cittadini ai
loro impieghi di lavoro, facendo della stessa un “business” che non ha niente a
che vedere con i bisogni dei comuni cittadini. Tutto questo purtroppo non cambiera’
nell’immediato futuro, per una semplice ragione, che l’industria della sanita’ non
lo permettera’, decisa a proteggere i cento miliardi di dollari di profitto incamerati
lo scorso anno, comprensivi di astronomici compensi per i suoi manager ed
investitori. Il normale processo politico permette allo schieramento sanitario americano
di spendere centinaia di milioni di dollari per reclutare legioni di lobbisti al Congresso
con il risultato che la legge sanitaria approvata con grande fatica dall’amministrazione
Obama e’ costantemente minacciata mentre le proposte di Medicare for All
sospinte da Bernie Sanders ed altri esponenti democratici – appoggiate, stando agli ultimi
rilevamenti, dal 67 per cento degli americani – languiscono ad opera dell’ostruzionismo
finanziato dall’industria della sanita’.
Altrettanto grave quanto l’incompetenza del presidente Trump, responsabile di un
vergognoso ritardo della reazione al propagarsi della pandemia, la crisi ha evidenziato
la mancanza di un apparato di sicurezza sanitaria nel Paese considerato il piu’ ricco
al mondo. Sin dagli inizi, l’America ha un sistema privato concepito per ritrarre
profitti da un modello di assicurazione sociale per coloro che sono abbastanza fortunati
da avere impieghi a tempo pieno. Come fa notare l’ex ministro di Obama, Robert
Reich, negli Stati Uniti il termine “pubblico” – come nella sanita’ pubblica, educazione
pubblica e benessere pubblico – rappresenta la somma totale dei bisogni individuali,
non il bene pubblico. Per contro, osserva Reich, nel sistema finanziario americano la
Federal Reserve si occupa della salute dei mercati finanziari nel loro insieme e quando
distribuisce miliardi di dollari alle banche ai primi segni di debolezza, nessuno fiata.
Occorre ripeterlo: la sanita’ pubblica in America e’ amministrata da corporations private a
scopo di lucro che non sono chiamate, come le banche, a mentenere una capacita’ di riserva.
Questo spiega perche’ nell’esplosione della pandemia si e’ scoperto che non c’erano
abbastanza ventilatori ed abbastanza letti per i 2.000.900 ricoveri previsti. Ed ancora,
87 milioni di americani non dispongono di assicurazione medica o sono parzialmente
assicurati. Ogni anno, mezzo milione di famiglie americane dichiara bancarotta per
l’incapacita’ di far fronte alle spese mediche. Non solo, ma un americano su cinque e’
costretto a rinunciare alle medicine prescritte a motivo dei costi elevati. Di fatto,
sono molte le classi di medicinali che negli Stati Uniti costano da cinque a dieci volte
in piu’ rispetto ad un Paese europeo. La differenza tra l’assistenza disponibile in
America e nell’Europa e’ particolarmente drammatica nel campo dell’occupazione:
il 30 per cento dei lavoratori americani non riceve alcun compenso per malattia, una
situazione che colpisce in modo speciale quei lavoratori che percepiscono meno di 10,49
dollari l’ora. Nuove regole proposte dall’amministrazione Trump esigono che per godere
dei benefici del programma sanitario Medicaid per gli indigenti, dei “food stamps” (buoni
per l’acquisto viveri) di altre forme di assistenza pubblica il beneficiario deve dimostrare
di avere un lavoro o di cercarlo attivamente.
Una cosa e’ certa, che l’impreparazione ed insufficienza del sistema sanitario
dinanzi allo sconvolgente coronavirus non sono dovuti a mancanza di fondi e di risorse
ma all’incompetenza e cattiva gestione del governo federale, ed in modo specifico
al servilismo dei dirigenti scelti da Trump. Non altrimenti si spiega il tracollo di una
istituzione che fino a tempi recenti era il modello al quale si rifacevano le autorita’
sanitarie di mezzo mondo, i Centers for Disease Control. Il CDC e’ oggi additato come
uno dei responsabili del disastro epidemico negli Stati Uniti, stante la sua incapacita’
di valutare a tempo l’estrema virulenza della pandemia, di impartire indicazioni precise
al servizio sanitario del governo federale e degli stati e di fornire i test diagnostici
urgentemente necessari. Un fallimento tanto piu’ deplorevole, hanno notato gli esperti, in quanto i test kits del CDC non soddisfacevano i requisiti delle analisi e dovevano essere
ritirati. Ancora piu’ grave era la dichiarazione del direttore del CDC secondo cui “la
capacita’ di testing e’ piu’ che adeguata a far fronte alle presenti necessita’”. I fatti
purtroppo dimostravano il contrario. E dire che dal 2004 al 2018 il bilancio del CDC
era aumentato del 30 per cento superando gli 11 miliardi di dollari. In aggiunta, i
molti critici fanno notare che il CDC stanziava fondi per la lotta all’alcolismo ed al
fumo in misura doppia rispetto alla prevenzione di malattie infettive.
In ultima analisi, la constatazione piu’ eclatante della pandemia negli Stati Uniti e’
che la massiccia diseguaglianza dei redditi ha esasperato la diseguaglianza dell’assistenza
sanitaria compromettendo le classi piu’ indigenti e quindi piu’ vulnerabili. Ma non
basta: gli studi demoscopici rivelano che la minoranza afro-americana, pur
rappresentando il 15 per cento della popolazione, ha sofferto piu’ del 30 per cento
dei decessi dovuti al COVID-19. Sul piano generale, e’ altrettanto manifesto il
fenomeno di una percentuale sproporzionata di infezioni e decessi tra i poveri e
nella classe lavoratrice oltre che tra malati ed anziani. La diseguaglianza e’ responsabile
dell’insufficiente apporto sanitario di ospedali rurali e di cliniche riservate alle
comunita’. Cio’ avviene in presenza di un dato importante, che gli Stati Uniti spendono
mediamente 11.000 dollari per l’assistenza medica ad ogni adulto o bambino, piu’
del doppio rispetto ai Paesi piu’ avanzati. Chiaramente, il sistema sanitario americano
e’ paurosamente sbilanciato a favore di un insieme di aziende mediche ed ospedaliere
che l’anno scorso hanno ricavato profitti per 100 miliardi di dollari, come il sen. Sanders
ha costantemente denunciato. E’ questa un’altra ragione per cui i poteri forti, padroni della grande stampa, non gli avrebbero mai permesso di prevalere nella corsa alla candidatura
democratica.
Se c’e’ uno spiraglio di luce nell’orizzonte cosi’ oscuro della sanita’ americana e’ la
speranza che il prossimo presidente, se sara’ Biden, ed un Congresso controllato dai democratici possano rivedere il sistema sanitario nazionale e porre rimedio agli
insufficienti investimenti nella salute pubblica. Il temuto permanere della pandemia
dovuta al coronavirus ha dimostrato che i politici non hanno tempo da perdere ma
devono assicurare il piu’ vasto accesso individuale alla sanita’ pubblica.
In una recente intervista, Laurie Garrett – ormai conosciuta come la Cassandra che
mise in guardia contro l’arrivo dell’epidemia – ha riferito questa impressione della
scuola di medicina di Harvard, dove aveva studiato: “La scuola medica e’ tutta di
marmo, con grandi colonne. La scuola della salute pubblica e’ in uno strano edificio,
con la piu’ brutta architettura possibile e con i soffitti che minacciano di crollare”. Gli
Stati Uniti – concludeva – hanno bisogno di un governo federale che promuova e
coordini studi rigorosamente programmati, indirizzati a governatori e sindaci affinche’
attuino norme sensate, sostenibili e adattate alle situazioni in atto. In sintesi, quel che
serve oggi in America e’ una leadership che invece di invocare un vaccino come
la panacea per la prossima epidemia risponda all’imperativo morale e politico di
tutelare la salute di tutti ed in modo speciale di coloro che non hanno i mezzi per
curarsi. I soldi ci sono (basti citare il CARES Act da 2,2 trilioni di dollari), quel che
manca e’ la volonta’ politica di varare un nuovo sistema sanitario che non sia
a fini di lucro. Un primo passo sarebbe quello di fornire l’assistenza di
Medicare (attualmente prevista per gli americani di piu’ di 65 anni) a tutti gli
americani. Ma c’e’ ancora molta strada da fare per arrivarci.