LA CORSA CONTRO IL TEMPO DI DONALD TRUMP

C’e’ una differenza fondamentale tra come la pandemia di coronavirus viene
affrontata in Europa e negli Stati Uniti. Mentre l’Europa vara provvedimenti
tanti rigidi quanto coesivi, senza che vengano elevate critiche (in Italia
fa eccezione lo smargiasso e squalificato Salvini) ma con uno stupefacente senso
di empatia sociale, negli Stati Uniti si assiste ad una reazione politica confusa e
aggravata dall’incompetente narcisismo del presidente, e quel che e’ peggio,
dal dilagare di narrative catastrofiste e dal florilegio sui social media di notizie
che istigano al panico ed al collasso sociale. Sono questi gli untori dell’America
contemporanea e non sono pochi.
Tra i tanti episodi che deturpano l’America, una nazione giustamente considerata
generosa e sensibile ai diritti umani, primeggia l’accanimento di vari circoli a
propagare teorie di cospirazioni. Secondo questi portavoce, il coronavirus e’
stato creato in un laboratorio di Wuhan, finanziato da Bill Gates e George Soros. Uno dei piu’
accaniti propagatori della “conspiracy” – un radiocronista di nome Alex Jones – va ripetendo
che covid-19 e’ un’arma biologica prodotta dal governo cinese per eliminare Trump. Per il
presidente della Liberty University Jerry Falwell Jr., un fedelissimo di Trump, i responsabili della
diffusione del virus sono i nord-coreani. Un altro gruppo di fanatici, soprannominati “eco-
fascisti”, apostoli della supremazia bianca, vedono nella pandemia la crisi tanto attesa per
edificare un etno-stato bianco. Ne’ escludono il ricorso al genocidio per risolvere i problemi
ecologici. Infine, non mancano coloro che cercano di trarre profitto dal propagarsi del virus
offrendo prodotti alimentari all’ingrosso e strumenti di sopravvivenza nei canali a loro
disposizione.
In breve, l’estrema destra americana tratta la pandemia con la stessa insania
ideologica facendo leva sulla disinformazione, sulle teorie di complotti e su accuse
farneticanti nei confronti di immigranti e minoranze. Gli studiosi di scienze sociali e
politiche avanzano varie ipotesi per spiegare questo fenomeno che coinvolge lo stesso
presidente Trump. Nelle settimane di fine febbraio e nei primi di marzo il presidente non ha
esitato ad attribuire l’arrivo del coronavirus ad elementi esterni al punto di definirlo
ripetutamente un “virus straniero”. Ed ancora, secondo Trump, se l’epidemia era
contenuta, cio’ era dovuto alla sua politica di protezione della frontiere. Da quando le
cose sono peggiorate, il virus e’ divenuto “cinese”. L’individuazione di un nemico e’
una costante strategia di Donald Trump che mira a mettere sotto accusa tutti coloro
che in qualche modo ostacolano la sua agenda politica.
Il fatto saliente e’ che la destra americana ha trovato nella pandemia un campo d’azione
illimitato per denunciare quello che Trump chiama “deep state”, un sistema di governo
inadeguato alle istanze patriottico-nazionaliste. Sotto questa luce, anche la pandemia e’
colpa di quel sistema e bene fanno gli americani a non sottostare a ordini che li privano
di tutto cio’ che rende la vita interessante. Secondo questa scuola di pensiero conservatore,
il governo dovra’ far fronte ad una scelta tra la coercizione o il collasso della sua

autorita’. L’elemento piu’ insidioso e’ chiaramente sottinteso: gli epidemiologi sono
una classe ambiziosa che ha trovato il modo di scalzare l’autorita’ del governo. Senza
gli specialisti – come l’italo-americano Anthony Fauci, direttore dell’Istituto Nazionale delle
Allergie e Malattie Infettive – non dovrebbe essere lontano il giorno in cui Donald
Trump dichiarera’ vittoria sul virus ed esortera’ gli americani a riprendere la loro
vita normale. E’ superfluo aggiungere che questa e’ la ricetta per la rielezione di
Donald Trump.
In una recente conferenza stampa della cosiddetta task force per il virus il presidente
ha sciorinato la sua vantata leadership assicurando che avrebbe “stracciato gli ingorghi
burocratici come mai fatto prima d’ora” con il fine di creare un vaccino antivirus. A parte il
ridicolo tenore dell’affermazione, fatto sta che per ammissione degli stessi specialisti
convocati dalla Casa Bianca ci vorranno almeno diciotto mesi per produrre un vaccino
meritevole di essere testato con volontari. Nel frattempo, il presidente sta vendendo
agli americani quello che nella fraseologia popolare d’oltreoceano era definito “snake
oil” (olio del serpente). Si tratta di un farmaco antimalaria, che secondo i mirabili istinti del
presidente americano puo’ combattere con successo il coronavirus. Le facce dei consiglieri
scientifici presenti sul palco, ed in modo speciale dell’attonito Fauci, rivelavano quanto fossero
sfavorevolmente colpiti dalle intuizioni farmacologiche del presidente. I responsabili della
salute pubblica predicano da sempre che un vaccino messo in circolazione senza la
sperimentazione appropriata puo’ avere effetti nocivi sull’organismo . Cio’ facendo, fornisce
una potente arma a coloro che si oppongono alla somministrazione di qualsiasi vaccino. Negli
Stati Uniti sono di fatto un esercito. Basti pensare che la fanatica resistenza degli anti-vaxxers
ha causato nel 2019 la peggiore epidemia di morbillo da ventisette anni a questa parte.
Non vi e’ dubbio ormai che la presidenza Trump abbia propiziato il disastro del coronavirus
negli Stati Uniti, se e’ vero quello che affermano fonti attendibili circa le previsioni degli
organi di intelligence in ordine al contagio in corso in Cina e all’imminenza del suo arrivo
in America. Secondo le stesse fonti, alti funzionari erano consapevoli del pericolo ma
non riuscirono a convincere Trump perche’ disponesse un’immediata reazione. Di
fatto, non solo Trump era convinto che il virus non ponesse alcun pericolo immediato ma
giunse al punto di rimproverare ad una esperta di malattie infettive di “impaurire” gli investitori
con le sue dichiarazioni circa la “severita’” dei mutamenti apportati dal virus alla vita normale.
Le conferenze stampa di Donald Trump e dei suoi collaboratori sono orami uno spettacolo di
propaganda costellato di esaltazioni al “incredibile” applicato ad ogni situazione e ad ogni
intervento di agenzie federali. L’immagine che Trump si sforza di diffondere e’ quella di una
situazione “sotto controllo”, ne’ piu’ ne’ meno come un mese fa quando il presidente informava
gli americani che il coronavirus non era un “big deal”, qualcosa di preoccupante per la salute
pubblica.
Sul versante piu’ minacciato dal coronavirus e’ il governatore di New York Andrew Cuomo, che
al contrario dei presidente si assume piena responsabilita’ ed evita di incensare come
“incredibili” discutibili “successi” nella lotta contro il virus. Cuomo ha ordinato a tutta la forza
lavorativa di imprese non essenziali di New York di stare a casa per non intasare l’opera di

prevenzione e le attivita’ degli ospedali. Le previsioni purtroppo sono impressionanti: anche se
gli Stati Uniti dovessero ridurre di meta’ la trasmissione del virus, circa 650.000 persone
saranno infettate nei prossimi due mesi. Chi assiste con discernimento alle sessioni
propagandistiche della Casa Bianca non tarda a rendersi conto che l’unica strategia del
presidente mira a preservare il suo potere politico fino alle prossime elezioni. Quella
di Trump e’ una corsa contro il tempo oltre che contro il virus, il “nemico invisibile”.
La sua irritante autoesaltazione, gli insulti ai giornalisti che formulano domande imbarazzanti,
l’ostinazione nel non riconoscere la realta’ dei fatti o quanto meno l’imprevidibilita’ di
tendenze fanno pensare che una massa di americani valutera’ l’azione del presidente
Trump confrontandola con quella di leader responsabili e sensibili al grido di dolore
di quanti perdono i loro cari, il posto di lavoro e la speranza di tornare ad una vita
“normale”. E’ per questo che azzardo una previsione: il futuro del partito democratico
e’ Andrew Cuomo.

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