Il massacro di Dayton, nell’Ohio, l’ultimo in ordine di tempo, e’ stato il 251esimo nel 2019, secondo la classificazione del Gun Violence Archive. In pratica, ci sono stati piu’ stragi di massa che giorni trascorsi in questo anno. E’ inevitabile quindi che il dibattito sulle cause delle stragi confluisca nella contesa elettorale del 2020. Ed e’ giustificata l’accusa degli esponenti democratici al Presidente Trump di aver attizzato il fuoco con la sua retorica contro l’immigrazione, additata come una “invasione” che mette a repentaglio la sicurezza, l’ordine publico ed i valori dell’America. Di fatto, il manifesto con cui l’autore della strage di El Paso denunciava “l’invasione hispanica” ha la stessa matrice della condanna del presidente nei confronti dei “migranti illegali” provenienti per la maggior parte da Paesi centro-americani. Non vi e’ dubbio infatti che la strage di El Paso rappresenta un attacco terroristico contro le minoranze etniche. A sparare nel centro commerciale di El Paso e’ stato un certo Patrik Crusius che aveva appena pubblicato un manifesto razzista in un oscuro “message board” di Internet, 8 Chan. Questo sito, originariamente aperto per presentare giochi di animazione video giapponesi, aveva finito con lo svolgere un ruolo chiave in vari massacri dei suprematisti bianchi.Dopo la sparatoria di El Paso, un centro Internet specializzato nel proteggere i siti sotto attacco ha radiato 8 Chan.
Il punto chiave che emerge ormai dall’ondata di stragi degliinnocenti e’ che la retorica razzista del presidente ha contribuito al clima di odio e confronto razziale alla radice delle sparatorie. La piu’ aspra accusa rivolta al presidente e’ venuta dall’ex ministro per l’edilizia e lo sviluppo urbano, l’hispanico Julian Castro, secondo il quale il presidente “ha deciso sin dall’inizio di dividere la gente per il suo beneficio politico, con le conseguenze alle quali adesso assistiamo”. Analogo, e pesantissimo, e’ il j’accuse di un altro aspirante presidenziale, l’ex Congressman del Texas Beto O’Rourke: “il presidente e’ un razzista aperto e dichiarato che incoraggia maggior razzismo nel nostro Paese”.
Non vi e’ dubbio ormai che l’America e’ vittima di un terrorismo nazionalista bianco che il governo federale e’ incapace di neutralizzare. Ma questa non e’ l’unica causale dietro un fenomeno che uno studioso di Princeton, il professor Eddie Glaudie, ha gia’ definito come “una guerra civile fredda”. Subito dopo, viene l’orrenda statistica secondo cui gli Stati Uniti hanno piu’ armi da fuoco che abitanti, con una legislazione paurosamente insufficiente a controllare la crescita delle armi. Al Congresso non si riesce neppure ad ottenere che passi una legge per il cosiddetto “universal background check”, una metodologia di controlli che blocchi il porto d’arma ai delinquenti, agliindividui con disturbi mentali, ai minori e a persone sospette. La difesa del presidente inscenata dal suo capo dello staff, Mick Mulvaney, con l’argomento che gli ultimi massacri sono stati commessi da “persone malate”, e’ quanto meno patetica.
Un esame della fraseologia del presidente dimostra quanto il suo linguaggio sia intriso di razzismo. L’invito alle quattro donne di colore Rappresentanti della Camera atornare nei loro Paesi di origine, ricorda quanto questa calunnia fosse una costante della piu’ brutale epoca segregazionista. Lo stesso giudizio si applica alla definizione di un quartiere afro-americano di Baltimora “infestato da topi”, un’invettiva lanciata al Congressman di colore di quella citta’, capo di una commissione che aveva condannato il trattamento dei migranti nei centri di detenzione al confine con il Messico. In un messaggio televisivo all’indomani delle ultime stragi, Trump ha attribuito le responsabilita’ delle sparatorie a tutti meno che a se stesso. Tra i responsabili elencati dal presidente e’ la solita stampa, che a suo dire deve cominciare ad essere “equa, equilibrata ed imparziale”. Altrimenti, ha aggiunto, “questi terribili problemi si aggraveranno”. Non sorprendentemente, manca una qualsiasi ammissione che la proliferazione delle armi da fuoco abbia qualcosa a che vedere con le sparatorie. I giovani attentatori avevano acquistato legalmente le loro armi, uno di essi addirittura su Internet.
Le parole del presidente non riflettono neppure un allarmante avvertimento del capo dello FBI Christopher Wray. In una deposizione alla Camera, Wray ha affermato che il terrorismo interno sta crescendo, tanto che e’ ormai allo stesso livello degli arresti per terrorismo internazionale. Wray non lo dice, ma quello che sta avvenendo in America e’ la normalizzazione della violenza. Le sparatorie sono ormai cosi’ frequenti che gli americani sono desensibilizzati dal porsi il cruciale quesito sul perche’ e come il Paese sia popolato da individui che sfogano i loro istinti omicidi con un’arma bellica, lo AR-15, diffuso al punto che i civili dispongono di un numero di questi assault rifles superiore a quello in dotazione alle forze armate. La tragedia americana che si consuma settimanalmente nelle scuole, nei centri commerciali e nelle chiese – luoghi che per definizione dovrebbero essere i piu’ sicuri nel Paese – non puo’ che perdurare fino alle prossime elezioni presidenziali per il terrificante motivo che il presidente Trump continuera’ ad impiegare la retorica della violenza per garantirsi il sostegno dello zoccolo duro del suo elettorato, i bianchi che temono la “invasione” di minoranze di colore, dai messicani “criminali e stupratori” ai profughi “terroristi” di fede islamica. Il timore e’ anzi che la crescente prospettiva di una vittoria del candidato democratico induca il presidente ad amplificare il volume della retorica della violenza. E’ un pericolo accentuato dalla strategia repubblicana di emarginare e intimidire le minoranze razziali, rendendo difficoltoso se nonimpraticabile il loro accesso ai seggi elettorali. Un’ultima nota assurda della tragedia e’ che il presidente associa la possibilita’ di controlli sull’acquisto di armi ad una riforma immigratoria “disperatamente necessaria”. Tutti sanno quanto questo presidente sia ossessionato dalla volonta’ di ridurre al massimo l’immigrazione al punto da suggerire unperverso accomodamento immigratorio con misure volte a mitigare il costante impiego di armi da fuoco ai danni dei cittadini. La verita’ e’ che i seminatori di morte ad El Paso e Dayton avrebbero potuto comunque procurarsi il loro armamentario bellico. Finche’ la violenza contro i latinos di El Paso, quella contro gli ebrei della sinagoga di Pittsburgh e quella contro centinaia di moschee e centri islamici negli Stati Uniti, e’ da dubitarsi fortemente che la nazione potra’ unirsi in una crociata contro la violenza e il razzismo sotto una presidenza che ha legittimato l’odioso ideale della supremazia bianca.