L’immigrazione, legale e illegale, e’ decisamente un tema portante delle elezioni di
midterm, imposto dal presidente Trump che ha fatto dell’immigrazione il suo cavallo
di battaglia a fini elettorali e ideologici. La presidenza Trump, con certezza, verra’
ricordata per i danni che ha arrecato ai canoni politici e morali che da sempre
accoglievano “gli stanchi, i poveri, le masse accalcate che aspirano a respirare l’aria
di libertà”, celebrati dal sonetto petrarchesco di Emma Lazarus. Quel messaggio
esaltava la visione umanitaria dell’America espressa da una donna i cui antenati
sefardici erano stati espulsi dalla Spagna per poi sbarcare da immigranti in una
giovane nazione votata al principio dell’ospitalita’. La romana Libertas
rappresentata dalla gigntesca statua era il simbolo di quell’ospitalita’ accomunata al
riconoscimento della diversita’ introdotta da quelle “masse accalcate”. Ma la storia
registra anche antecedenti in ignobile contrasto con quel riconoscimento, a partire
dal Chinese Exclusion Act del 1882, proprio l’anno in cui Emma Lazarus pubblicava il
famoso sonetto dedicato al “New Colossus”.
Il contrasto tra i valori di ospitalita’ e diversita’ glorificati dalla poetessa ebrea e la
visione xenofobica ed anti-immigratoria di Donald Trump non potrebbe essere piu’
desolante. Il mondo civile assiste costernato alla campagna del presidente che
dissemina paura per il prossimo arrivo alle porte dell’America di una “invasione”
sotto forma di una carovana nella quale albergano, a suo dire, membri di gang,
terroristi mediorientali e delinquenti assortiti. In realta’, le immagini di quella
carovana mostrano un gran numero di donne e bambini, la versione contemporanea
della massa di “stanchi e poveri” che cerca rifugio dalla criminalita’ e dal terrore
imperanti nell’Honduras ed altri Paesi centroamericani. Trump li ha minacciati
senza mezzi termini: se dovessero lanciare sassi contro i soldati dislocati al confine,
questi risponderanno aprendo il fuoco. Sommerso dal clamore di una vasta protesta,
ha temperato i termini del suo cinico avvertimento.
Resta il fatto che per Trump e il suo zoccolo duro i potenziali migranti
rappresentano una minaccia all’America. E’ una condanna che nega i valori della
diversita’ ed inclusione che per la maggior parte accompagnano l’evolversi della
politica migratoria dei nostri tempi, che considera gli immigranti alla stregua di un
capitale umano. Di sicuro, non esiste oggi un’immagine dell’immigrante ideale
mentre si e’ approfondita la convinzione popolare di molti secondo cui gli
immigranti di certi Paesi non meritano di essere accolti in America. Trump l’ha
sospinta bollando quei Paesi come “shithole countries”, nient’altro che “cessi”.
Il repertorio anti-immigrazione di Donald Trump ha di colpo presentato un’altra
faccia con l’annuncio presidenziale di un ordine esecutivo che porrebbe fine allo jus
soli ossia al conferimento della cittadinanza a quanti nascono negli Stati Uniti. Tale
diritto viene conferito dal Quattordicesimo Emendamento che si applica a “tutte le
persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla relativa giurisdizione”.
In altre parole, sono americani tutti coloro che nascono negli Stati Uniti, soggetti alla
legge americana, e con loro anche gli “aliens” soggetti alla giurisdizione americana.
Trump ha avallato la tesi di alcuni giuristi conservatori secondo cui la frase “soggetti
alla relativa giurisdizione” si presta ad una interpretazione circa lo jus soli. In realta’,
non esiste alcuna divergenza tra gli esegeti della costituzione. Il Quattordicesimo
Emendamento puo’ essere annullato o modificato esclusivamente dal Congresso
attraverso una complessa procedura. Specificamente, occorre un voto di due terzi
delle due camere e di tre quarti delle legislature statali. Fino ad oggi, sono stati
approvati ventisei su ventisette emendamenti costituzionali. Di fatto, esistono altre
tre procedure ma tutte passano attraverso l’approvazione del Congresso, come
avvenne ad esempio per il Ventunesimo Emendamento che abrogo’ il
proibizionismo. In definitiva, il presidente non puo’ modificare o abrogare un
emendamento costituzionale con un atto esecutivo. L’intento del presidente Trump
e’ indubbiamente quello di servirsi di un atto esecutivo per negare la cittadinanza
americana ai figli nati negli Stati Uniti di non cittadini presenti nel territorio
americano. Cio’ rivela quanto poco il presidente conosca della costituzione e dei
valori custoditi in quel fondamentale documento della repubblica.
La vicenda e’ intrisa di una forte ironia in quanto il Quattordicesimo Emendamento
e’ una grande conquista storica del partito repubblicano. Al termine della guerra
civile, il Congresso si mise all’opera per conferire agli americani di colore la
cittadinanza che era stata negata dalla decisione razzista della Corte Suprema nel
famoso caso Dred Scott vs Sanford del 1857. Quella ignobile decisione, annunciata
dal Giudice Capo Roger Taney, decretava che gli schiavi neri, inclusi quelli nati nel
territorio americano, non avevano diritto alla cittadinanza. Il Quattordicesimo
Emendamento, approvato nel 1868, dichiarava che erano cittadini tutti coloro che
erano nati negli Stati Uniti, senza riguardo alla loro razza. In pratica, eliminava dal
processo politico di maggioranza la possibilita’ di ridurre la cittadinanza dei figli di
minoranze etniche, religiose e politiche.
La maniera di prevenire che gli immigranti illegali creino cittadini americani e’
ovviamente quella di impedire loro di entrare illegalmente negli Stati Uniti. La
politica anti-immigrazione di Trump ha gia’ stretto parecchio i freni attraverso
ordini esecutivi che hanno sbarrato le porte ai musulmani di un certo numero di
Paesi. Ma vi e’ dell’altro, in quanto la montatura politica di Trump contro lo jus soli
demonizza una crescente categoria di visitatori negli Stati Uniti, quelli che entrano
legalmente come turisti con il precipuo scopo di dare alla luce figli con cittadinanza
americana. Un tempo erano le donne messicane entrate illegalmente a partorire in
California. Oggi, il fenomeno del “birth tourism” e’ sfruttato prevalentemente da
cinesi ed altri asiatici. Anche in questo caso, Trump si serve del sotterfugio degli
“anchor babies” – i figli “àncora” nati in America, la cui cittadinanza concede loro
diritti e riserva possibili ma tardivi benefici ai genitori – per diffondere il timore di
conseguenze avverse per i cittadini americani difensori dei propri diritti.
In fin dei conti, anche questa tattica deliberatamente provocatoria del presidente
Trump rientra nella sua strategia di motivare la base conservatrice radicata nel
Midwest e nelle regioni rurali. Ma vi e’ un aspetto che non va sottovalutato, il ruolo
che il partito repubblicano svolse in passato in difesa del Quattordicesimo
Emendamento che elargiva i diritti della cittadinanza indistintamente a tutti coloro
che venivano al mondo negli Stati Uniti, uomini e donne, bianchi e neri, poveri e
ricchi, sani e malati. A sostegno del Quattordicesimo Emendamento fa testo un caso
storico, quello di Wong Kim Ark. Costui era un cinese, nato a San Francisco da
genitori cinesi giunti negli Stati Uniti vari decenni prima che entrassero in vigore
norme federali per l’immigrazione. Nel 1882 il Congresso approvava il Chinese
Exclusion Act che escludeva i cinesi dalla naturalizzazione come cittadini americani.
Sottoposti a questo divieto, terrorizzati dai crimini commessi contro i cinesi dai
“vigilantes”, i genitori di Wong tornarono in Cina nel 1890. Wong decideva
comunque di tornare in California dove trovava lavoro come cuoco in un ristorante.
Il fatto non sfuggiva all’attenzione di John H. Wise, nominato collettore dei dazi
(“collector of customs”) dal presidente Grover Cleveland. Nella sua veste di
controllore federale, Wise decretava che Wong non era cittadino americano e quindi
soggetto ad immediata deportazione ai sensi dell’Exclusion Act.
La Societa’ degli Immigranti Cinesi reclutava un brillante avvocato, Thomas Riordan,
che presentava appello invocando il Quattordicesimo Emendamento. Il partito degli
oppositori sosteneva che la nascita di Wong a San Francisco non era altro che “un
incidente di nascita” e che “le affiliazioni educative e politiche” di Wong erano aliene
agli Stati Uniti. In pratica, Wise e i suoi patrocinatori affermavano il principio dello
jus sanguinis e contavano sulla Corte Suprema per sancirlo formalmente. Ma i
giudici della Corte Supema, inclusi due che avevano precedentemente abbracciato
una visione suprematista, emettevano una storica sentenza a favore di Wong, nel
caso U.S. vs Wong Kim Ark del 28 Marzo 1898. Grazie al Quattordicesimo
Emendamento, Wong Kim Ark veniva riconosciuto cittadino americano.
In conclusione, vale la pena di notare che qualora la Corte Suprema avesse emesso
una sentenza avversa, avrebbe di fatto negato la cittadinanza a migliaia di persone
di etnie europee che fino a quel momento erano considerate e trattate come
cittadini americani. Quella sentenza della Corte Suprema, fondata sulla Common Law
inglese e sulla tradizione americana, e’ rimasta valida, come il Quattordicesimo
Emendamento, da 120 anni a questa parte. Infine, va segnalato un interessante
precedente, il fatto che lo stesso Trump deve la sua cittadinanza non solo alla sua
nascita negli Stati Uniti ma alla naturalizzazione del nonno nel 1892. Guarda caso, il
nonno nato in Germania trovava il suo primo lavoro, come Wong, in un ristorante. A
tutti gli effetti, Donald Trump puo’ considerarsi l’erede ideologico del collettore John
H. Wise, il quale credeva fermamente che l’America non dovesse accogliere tanti
immigranti, in modo speciale quelli non bianchi.